Raffaello Sanzio nasce dal pittore Giovanni de’ Santi e da Magia di Battista di Nicola Ciarla nel 1483 ad Urbino, in quegli anni un centro artistico di primaria importanza che illuminava l’Italia e l’Europa con gli ideali del Rinascimento. Qui, avendo accesso con il padre alle sale del Palazzo Ducale, si trova presto dinanzi alle opere di Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, Pedro Berruguete, Giusto di Gand, Antonio del Pollaiolo, Melozzo da Forlì ed altri artisti.
Rimasto orfano del padre (e già prima della madre), va a bottega da Perugino, mentre la sua fama comincia a diffondersi in tutta l’Umbria, facendone uno dei più richiesti pittori del luogo.
Il confronto tra i due artisti, agli inizi del ‘500, sullo stesso tema (Lo sposalizio della Vergine) dà conto immediatamente del sorpasso dell’allievo e delle novità linguistiche rinascimentali conquistate da Raffaello: gli andamenti dei corpi appaiono più morbidi e sciolti, gli sguardi più espressivi, gli studi di profondità e distanza più bilanciati e meglio calibrati.

Dopo brevi e interessanti viaggi che lo mettono in contatto con importanti realtà artistiche, nel 1505 Raffaello si trasferisce a Firenze, trovandosi dinanzi alle straordinarie opere di Leonardo e Michelangelo, destinate a lasciare il segno sulla sua pittura: il primo con la ricchezza dello sfumato e la lucente profondità del paesaggio, il secondo con la forza e la solidità scultorea dei corpi.
La notissima Pala Baglioni, che raffigura il trasporto del Cristo morto, si staglia con la sua apicale bellezza nel centro di questo incontro, lasciando anche scorgere l’attenzione costante di Raffaello per l’antico in un confronto con un bassorilievo del II secolo d. C. raffigurante il trasporto del corpo del giovane Meleagro.
Dal 1508 Raffaello si trova a Roma, dove Bramante lo introduce alla corte papalina di Giulio II, che sta mettendo in atto una straordinaria opera di rinnovo urbanistico e artistico della città, chiamando a sé i più grandi nomi dell’arte.
Riceve, così, l’incarico di decorare gli appartamenti papali, affrescandone le stanze.
Nella stanza della Segnatura dipinge La Scuola d’Atene, un omaggio al sapere scientifico e al pensiero filosofico, in cui racchiude tanti personaggi di tutti i tempi facendo spiccare nel centro Platone e Aristotele, a sottolineare ancora una volta l’importanza della cultura classica.

Nella stanza di Eliodoro, invece, celeberrimo è l’affresco con La liberazione di san Pietro, dove gli studi sulla luce raggiungono livelli altissimi, con la più bella scena in notturna della storia dell’arte, ravvivata dai bagliori lunari e dall’apparizione angelica che libera Pietro dalle catene.

Al papa Giulio II dedica un meraviglioso ritratto, rinnovando in modo importante il genere.
Ritraendolo da un punto di vista diagonale e leggermente dall’alto, inserisce l’osservatore nella scena ponendolo per sempre in piedi accanto al pontefice. Inoltre, l’atteggiamento di malinconica pensosità, che sembra sintetizzare la tragicità della situazione politica dell’epoca, introduce un evidente elemento psicologico fino ad allora estraneo alla ritrattistica ufficiale.

In quegli stessi anni è chiamato da Agostino Chigi, ricchissimo banchiere di origine senese, per decorare la sua villa, poi detta villa Farnesina, dove lavora a più riprese realizzando prima l’affresco del Trionfo di Galatea (1511), di straordinaria rievocazione classica.

Poi la Loggia di Psiche (1518-1519) e infine la camera con le Storie di Alessandro, rimasta incompiuta.

Raffaello è anche architetto, realtà sottovalutata per secoli dalla storiografia artistica perché offuscata presumibilmente dal notevole talento in pittura.
A riguardo, va ricordata la celebre cappella Chigi, la seconda cappella della navata sinistra nella basilica di Santa Maria del Popolo a Roma, completata da Bernini negli anni Cinquanta del ‘600, ma per la quale Raffaello disegna l’architettura a pianta centrale e cura i cartoni per i mosaici della cupola.

A soli 37 anni e nel pieno della sua attività professionale, osannato da tutti ed amatissimo dalle donne, Raffaello improvvisamente muore.
La sua tomba è collocata nel Pantheon, decorata con queste parole:
«ILLE HIC EST RAPHAEL TIMUIT QUO SOSPITE VINCI
RERUM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI»
«Qui è quel Raffaello, dal quale la natura credette di essere vinta, quando era vivo,
e di morire quando egli moriva.»
La mostra Raffaello 1520 – 1487, attualmente alle Scuderie del Quirinale di Roma, è visitabile fino al 30 agosto 2020, con orari di visita prolungati fino all’una di notte.