Una bellezza pietrosa, che commuove e resta nella testa
Ho deciso che oggi vi porterò con me nella città dei sassi.
Fu oggetto di contesa tra Longobardi, Bizantini e Saraceni.
Poi giunsero i Normanni, gli Aragonesi ed una popolazione di origine serbo-croata ed albanese. Capoluogo della Basilicata e sede di Regia Udienza nel 1663, Matera divenne per lungo tempo un centro fondamentale per la vita dell’intera regione. Fino a diventare “vergogna d’Italia” nella metà del ‘900, per le condizioni disumane in cui vivevano i suoi abitanti.
Ho visto Matera, per la prima volta, nel gennaio scorso quando raccolta nel mio piumino sono arrivata in piena notte di fronte alle sue mille luci. Una bellezza pietrosa, arcaica e meravigliosamente dolente mi ha letteralmente commosso.
Penso che sia uno di quei luoghi che appartiene un po’ a tutti noi, come quelle persone che ti pare di ritrovare pure se non le hai mai viste. Perciò mettetevi comodi e, appena potete, andateci…
Dapprima, cercate casa Noha. Raggiungendo il Sasso Caveoso e partendo da via San Potito, svoltate a destra e dopo circa 20 metri entrate in Recinto Cavone per poi scendere lungo la scalinata sulla destra.
Vi troverete in una casa dai colori pastello, donata dalle famiglie proprietarie e riconsegnata al visitatore dal FAI, attraverso un interessante progetto di comunicazione multimediale. Lì sistemerete i tasselli che hanno rappresentato un pezzo della storia d’Italia e inaspettatamente vi sentirete parte di un luogo che ha conservato intatta la propria specificità paesaggistica, restando fuori dai contesti globalizzati.
Matera mi pare, prima di ogni altra cosa, una città autentica che ancora offre con estrema naturalezza i suoi impressionanti e scabri scenari. Il cinema se n’è accorto prima di tutti. Oltre al più recente The Passion (2004) di Mel Gibson, già Pier Paolo Pasolini, nel 1964, aveva girato a Matera Il suo Vangelo secondo Matteo ritrovando in quelle stradine a strapiombo, da laico, il mistero inspiegabile del sacro.
Occupata sin dal Paleolitico, la città ha incontrato e mescolato insieme le storie d’Oriente e d’Occidente, come quelle dei monaci eremiti che trasformarono in nome di Dio le grotte del luogo in suggestive chiese rupestri.
Percorrendo il sentiero, tracciato nel ventre della terra e nel silenzio polveroso della memoria, sono giunta nel Rione Casalnuovo e al termine di una breve salita mi sono affacciata nel cosiddetto Convinicio di S. Antonio, un cortile su cui sporgono ben quattro chiese costruite tra il XII e il XIII secolo.
Sempre nel mezzo del Sasso Caveoso, nella parte alta dello sperone roccioso del Monterrone, sono entrata in Santa Maria de Idris, una chiesa-grotta molto suggestiva, risalente al XIV-XV sec., dove attraverso un cunicolo ho raggiunto la più antica cripta di San Giovanni in Monterrone.
In questa unica navata, nata come battistero e, poi, trasformata in luogo di sepoltura si respira un’atmosfera senza tempo e gli affreschi sono databili tra il XII e il XVII secolo.
Salendo verso il Sasso Barisano, ho visitato poi il complesso della Madonna delle Virtù, completamente scavato nella calcarenite. Inizialmente realizzato per ospitare una piccola comunità di monache che provenivano dalla Palestina, ho scoperto che fu più tardi destinato alla produzione e conservazione del vino (molte di queste grotte, nei secoli, hanno cambiato la propria destinazione d’uso).
La sovrastante chiesa di San Nicola dei Greci, di rito bizantino-orientale, è databile al IX secolo. Anche se la conservazione appare modesta, la decorazione realizzata successivamente ad affresco è molto interessante.
La cattedrale della Madonna della Bruna e di Sant’Eustachio è il luogo di culto cattolico principale di Matera. Sorge sullo sperone più alto della Civita che divide i due Sassi ed è in stile romanico con il gigantesco rosone a sedici raggi sulla facciata. Non l’ho potuta vedere all’interno perché interessata da lunghissimi lavori di restauro ma dal marzo scorso è stata riaperta al culto.
Naturalmente non potevo perdermi il seicentesco Palazzo Lanfranchi, sede del Museo Nazionale d’arte medievale e moderna, dove cercavo la celebre collezione d’Errico di Palazzo San Gervasio, una delle più consistenti raccolte di dipinti in Italia meridionale e unico esempio di collezionismo privato, di questa levatura, in Basilicata.
Passeggiando tra le sue strade, vi troverete ad inseguirne i profumi. Irresistibile quello del pane appena sfornato, impastato con semola di grano duro e celebrato con il nome della città.
Squisite anche le paste dalle forme tipiche, le orecchiette, i cavatelli e gli strascinati.
Da provare, infine, le strazzate, gustosi dolcetti alle mandorle.
Oggi, la sfida vittoriosa della riqualificazione, del recupero sostenibile, della riconquista dell’identità perduta hanno riportato alla ribalta questa città unica.
Matera e la sua storia, conquistando il titolo di patrimonio mondiale dell’Unesco nel 1993 e quello di Capitale Europea della Cultura 2019, ti piomberanno davanti come una dichiarazione di onestà e ti sembrerà di vederli quei laboriosi uomini:
“pieni di pudore, ritrosia e diffidenza, avvezzi naturalmente al silenzio e a nascondere il loro pensiero … mentre risalivano le strade con i loro animali e rifluivano alle loro case, come ogni sera, con la monotonia di una eterna marea, in un loro oscuro, misterioso mondo senza speranza. … Il cielo era rosa verde e viola, gli incantevoli colori delle terre malariche, e pareva lontanissimo.”
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, 1951