
Eccoci, finalmente al 2021.
Vorrei iniziare con un’immagine, una delle tante della mia amata pittura.
Per questo nuovo anno ho scelto uno dei dipinti più singolari che io conosca: il trittico delle delizie di Hieronymus Bosch, un artista meraviglioso, figlio d’arte, tra i più straordinari visionari della pittura, nato in Olanda nella metà del Quattrocento.
Il trittico (databile intorno al 1480-90) presenta tre pannelli, ciascuno con un proprio tema e io ho scelto come augurio per tutti noi quello centrale.
Lo spettacolo è sorprendente. Con colori ora brillanti, ora teneramente pastello, Bosch rappresentò la grandezza della vita, i conflitti e le fragilità dell’uomo, attraverso un respiro portentoso ed oscuro in un periodo storico complesso almeno quanto il nostro, meno libero ideologicamente, soprattutto rispetto ai principi dettati ed imposti dalla morale religiosa.
Allora? Guardiamolo insieme! Cosa vi sembra? Direi che ci sentiamo smarriti, poco lucidi, di fronte a questa scena. Moltissime sono le interpretazioni, del resto, che gli sono state dedicate e tutto resta ancora molto dubbio e confuso.
Io ho sempre affiancato, nella mia testa, questa sua potenza espressiva, prodigiosa e culturalmente ricca di stimoli, alle immagini descritte circa due secoli prima da Dante nella Divina Commedia con tutti quei vizi, quelle pene e leggi del contrappasso.
Ma qui c’è ancora di più. Sono gli anni in cui visse Lutero, gli anni in cui si credeva fermamente nella magia, nella stregoneria; gli anni in cui Erasmo da Rotterdam scriveva l’elogio della follia e Ludovico Ariosto a breve avrebbe fatto andare Astolfo sulla luna.
Nel dipinto, che come ho già anticipato è il pannello centrale del trittico, c’è tutta la potenza della vita, la sua imperscrutabilità e bellezza, il piacere dei sensi e le relative contraddizioni: bianchi e neri, baci e abbracci, palle di vetro, pesci, topi, fiori e frutta polposa e gigante, uomini e donne che parlano, cavalcano, colgono mele rosse dall’albero come peccati. Tutto appare vero e impossibile allo stesso tempo come una grande invenzione di un mondo immaginario e fantastico, declinato con dettagli e particolari, costruzioni improbabili azzurre e rosa in una specie di grande parco dei divertimenti, una Disneyland ante litteram. Tutti sono nudi e nella nudità appare intera l’energia dei corpi umani tra animali di tutti i tipi: riconosciamo leocorni, pantere, leopardi, cammelli, cervi, leoni, ibis, corvi, pavoni; figure attinte dai bestiari dell’epoca come simboli e metafore di peccato, di gola, di lussuria e di vanità.
La critica ha scomodato la psicanalisi, le metafore religiose, le correnti eretiche ed esoteriche del tempo.
Io ve lo propongo come una grande metafora della vita, dove a prevalere è l’enormità ingestibile della natura e degli eventi, la vitalità degli uomini, la necessità di rincorrere il piacere e la innegabile incapacità di gestire sempre tutto con successo, la presunzione di essere i primi e l’arroganza di essere i migliori.
L’ho scelto come augurio per l’anno nuovo, sperando che possa portare nelle nostre teste un po’ di follia, intesa nell’accezione dell’epoca, come una specie di alienazione mentale, nella quale imparare a sciogliere i nostri dolorosi tormenti. La follia che intendeva Erasmo, per intenderci, ed anche il grande Cervantes che fece del Don Chisciotte, il primo romanzo della letteratura moderna, un uomo saggio e divertente, capace di smascherare con l’entusiasmo e la generosità, le ipocrisie del mondo.
Buon anno di follia a tutti, dunque, in questa ruota che non si ferma, con l’augurio di riuscire a ritagliarci uno spazio di fantasia e di sogno, un po’ magico, un po’ spaventoso ma anche unico, sospeso, oltre il tempo, oltre la realtà, oltre la storia, dove ognuno di noi possa ritrovare la propria salvezza.
Buon 2021 a tutti.