XVII – XVIII secolo
Via dei Tribunali, 39, Napoli
Chiamata dal popolo napoletano la chiesa “re cape ‘e mort”, è un luogo seducente e spaventoso insieme.
Eretta nel 1616 su commissione di diverse famiglie nobili napoletane per dare un luogo di sepoltura alle persone senza famiglia, la chiesa fu concepita su due livelli ed aperta al culto nel 1638.
I motivi decorativi della facciata con teschi ed ossa (presenti anche nel cimitero del Priore della certosa di San Martino) sono attribuiti a Cosimo Fanzago mentre i dipinti e le sculture collocati nella sua unica navata con cappelle laterali sono riconducibili ad artisti napoletani del’600.
Sovrasta l’altare maggiore La Madonna delle anime del Purgatorio di Massimo Stanzione, datata 1638.
Un’altra chiesa sottostante buia e spoglia, di uguali dimensioni, fu destinata alla sepoltura delle “anime pezzentelle” (dal latino petĕre, chiedere), che vagavano in Purgatorio in attesa di una preghiera per ascendere in Paradiso. Qui i fedeli, nei secoli, hanno alimentato questo singolare culto che consisteva nell’adottare un teschio, ripulendolo e impreziosendolo con merletti e gioielli, per poi custodirlo in un altarino fatto apposta per lui. Se l’anima riusciva a salvarsi, avrebbe ricambiato il favore intercedendo presso l’Altissimo e accogliendo le più diverse richieste.
Questo culto, non ufficiale ma accolto dalla chiesa poiché consentiva di raccogliere offerte e donazioni, nel 1969 fu vietato perché ritenuto pagano. Pare che seguirono vere e proprie scene di panico e, di fatto, il culto non cessò mai fino al sisma del 1980, che rese il luogo inagibile.
La chiesa, dal 1992, è stata riaperta al pubblico.