Ma è tutto finto e la poesia dell’esperimento si svuota di significato ad ogni passo, immersi come siamo in un mix di supporti multimediali e contenuti generici degni della più ingenua banalizzazione del padiglione Mexico di Expo.
Tra qualche foglio all’amato Diego e pagine personali compaiono anche le note fotografie del colombiano Leo Matiz, un documento importante che ci regala la passione ed il tormento di Frida, ma nessun riferimento didascalico ne arricchisce il ricordo, con l’attenzione che ci si aspetterebbe.
Visitare questa mostra è come aprire una cassa piena di cose, utili per raccontare una storia emozionante, ma bisogna avere occhio per non inciampare qua e là tra luoghi comuni e superficialità dei nostri giorni.
“Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere”.