
Che talento enigmatico possiede questo straordinario artista, erede della grande tradizione grafica tedesca, che in seguito all’incontro con Max Klinger, raggiunse livelli altissimi nelle incisioni, dove il rigore della forma e la raffinatezza dello stile si combinano in un’inventiva delirante che precorre il Surrealismo.

Richard Müller (1874-1954), avvicinatosi all’arte tra le maioliche di Meissen, fu pittore, disegnatore e incisore di impeccabile perizia, Professore all’Accademia di Dresda, dei cui anni si ricorda il sadismo verso i modelli che era solito sottoporre a pose infinite ed improbabili.
Visionario ed originale, seppe creare opere d’arte singolari dall’effetto straniante e misterioso, declinate con leggerezza e gravità, come tirate fuori da mondi paralleli, impossibili ed allusivi.

Nel panorama artistico mitteleuropeo tra Ottocento e Novecento, l’artista splende e ci conduce in un mondo magico e simbolico, ironico e cinico, dove è la bellezza femminile a fare da padrona, hortus conclusus senza tempo in cui rifugiarsi per evadere dalla realtà.

Nell’affascinante serie intitolata La bella e la bestia, per l’appunto, donne ingenue e sensuali, dal corpo sfrontato e con il volto spesso celato, dialogano senza parlare con animali vaghi e minacciosi come armadilli, formichieri, scimmie e marabù, l’uccello prediletto dall’artista per la ricca e complessa simbologia; ma anche camaleonti feroci e giganti aragoste, a voler sottolineare la piccolezza e la precarietà dell’uomo nella giungla dell’esistenza.

Troppo tenero verso il nazismo, avendo anche lui come Heidegger tenuto un compromettente discorso di rettorato presso l’Accademia di Dresda nel 1933, Müller sposò una cantante d’opera americana poco amata dal regime, che lui stesso non esitò a criticare finendo ingiustamente troppo presto nel dimenticatoio.
Cinismo è il riuscito tentativo di vedere il mondo come è realmente.
(Jean Genet)