
Che bella idea hanno avuto queste compagne di viaggio, dopo un anno come questo, a ritrovarsi nel silenzio ipnotico del lago dove anche il più piccolo rumore sembra essere inghiottito.
Migliaia di anni fa, vicino Roma, alcuni vulcani si addormentarono. Le vaste grotte sotterranee, ormai svuotate dal magma, crollarono creando un’ampia depressione dal cui fondo sgorgarono sorgenti.
Ebbe così origine il Lago Sabatino, diventato poi il Lago di Bracciano.

Situato nel nord della città metropolitana di Roma, circondato a nord dai Monti Sabatini, il Lago di Bracciano ha una superficie di 56,5 km², che ne fa l’ottavo lago italiano per estensione e il terzo del Centro Italia (dopo il lago Trasimeno e quello di Bolsena). Ha una profondità massima di circa 160 m, non presenta isole e ha un emissario, il fiume Arrone, che origina sulla costa sudorientale e sfocia nel mar Tirreno in località Maccarese.
L’acqua del Lago di Bracciano, utilizzata ai tempi dei Romani come acqua potabile, risulta equamente ripartita fra i territori dei tre comuni di Bracciano, Anguillara Sabazia e Trevignano Romano.
Conservatosi perfettamente integro fino al secondo dopoguerra, il Lago ha risentito nel corso degli anni ’60 e ’70 del progressivo e indiscriminato aumento degli scarichi dei centri rivieraschi e delle attività agricole. Agli inizi degli anni ’80 il pool formato dai tre Comuni, dalla Provincia, dalla Regione e dall’A.C.E.A. realizzò un collettore circumlacuale per convogliare tutti gli scarichi in un depuratore. Dal 1987, poi, il divieto della navigazione a motore e dell’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi ha reso possibile un veloce recupero delle originarie condizioni di purezza dell’habitat.
Sulla sponda meridionale del lago, in località La Marmotta, che è a poche centinaia di metri ad ovest di Anguillara, importanti scavi subacquei hanno rinvenuto a 7,5 m di profondità un importante villaggio sommerso del neolitico, abitato per circa cinquecento anni dal 5700 al 5200 a.C., con grandi case rettangolari. Di queste, sette sono venute alla luce.

I resti hanno consentito numerosi studi e approfondimenti, in relazione all’economia, alle abitudini e all’alimentazione di quei popoli. Sono stati ritrovati semi di cereali e legumi, ossa di capra, di pecora e di cane; ma anche frutta come mele, fragole, prugne, lamponi e ghiande. Ancora incerta l’ipotesi che già si producesse vino. La presenza di lino fa inoltre pensare alla coltivazione per motivi tessili, mentre non è ancora spiegato il rinvenimento di papavero sonnifero, da cui si ricava l’oppio.
Tra gli oggetti finora trovati spiccano barchette di ceramica, piroghe ricavate da tronchi di quercia e una statuetta di pietra raffigurante una donna, certamente la Dea madre, la famosa divinità femminile primordiale rinvenibile in una vasta gamma di civiltà in varie aree del mondo a partire dalla preistoria.


L’ombra regalata dalle piante, in particolare pioppi, ontani e salici, insieme alla freschezza delle acque rendono questo posto un luogo di tranquillo relax, dove potersi rinfrescare in ammollo a leggere, a conversare in allegria, o semplicemente a godersi il dolce far nulla.

Anche in solitudine non si è mai da soli perché le sue acque sono particolarmente ricche di pesci, come lucci, persici, coregoni e anguille. Interessanti anche gli uccelli che si vedono volare, come i falchi pescatori e diversi migratori delle zone umide.

Resteranno negli occhi gli spettacolari tramonti e soprattutto le albe, quando il lago è una tavola piatta e ad incresparlo compare solo una barchetta di pescatori.

Le nostre passeggiate in riva al lago sono ancora lì, così come le risate in spiaggia … e le volte che ci fermavamo a guardare i gabbiani. Non è né un bene né un male, quelle scene sono semplicemente dentro.
(Banana Yoshimoto)