Un Luogo a Rimini
Nella Rimini del lungomare infinito e della movida sfrenata, dei sogni felliniani e delle casette colorate nel borgo dei pescatori c’è un luogo silenzioso e calmo, di un’eleganza straordinaria, che ferma il tempo.
Naturalmente sto parlando del Tempio Malatestiano, voluto nella metà del XV secolo da Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, che volle creare una tomba di famiglia rinnovando una precedente chiesa francescana. Il compito fu affidato a Leon Battista Alberti (Genova, 1404-Roma 1472), che ispirandosi all’età classica decise di rispettarne la struttura originaria ricoprendola con una veste di marmo e di pietra bianca d’Istria.
Il progetto, per motivi finanziari, rimase inconcluso ma una celeberrima medaglia in bronzo, realizzata da Matteo de’ Pasti, ci consente di conoscerne l’idea originaria mostrando con chiarezza la cupola che avrebbe dovuto impreziosire ed illuminare la struttura.
L’opera di Leon Battista Alberti
L’equilibrio, la prospettiva, la proporzione sono alla base della sua ricerca in un lavoro di studio rinnovato sull’antico. Ben evidente è il richiamo all’Arco di Augusto di Rimini, il più antico arco romano esistente.
La bellezza e la solennità delle forme puntano a celebrare il valore dell’uomo e l’importanza della storia.
Tre archi a tutto sesto compaiono sulla facciata inquadrati da semi colonne scanalate, coronate da capitelli compositi con teste di cherubino affiancate da clipei.
Il portale timpanato, all’interno dell’arco centrale, decorato con marmi policromi e motivi geometrici, è incorniciato da girali che alludono alla ricchezza della famiglia.
Sui lati, i due archi a tutto sesto dovevano ospitare i sarcofagi di Sigismondo e della sua amante (poi sposa) Isotta degli Atti; furono, poi, edificati ciechi per evitare problemi di staticità. Lungo la cornice della facciata un’iscrizione in latino indica il 1450 come anno di costruzione.
Al centro, nel secondo ordine della facciata, spicca in mattoni la sottostante basilica francescana.
I fianchi, meravigliosamente solenni nella loro semplicità, sono formati da una serie di pilastri e di archi sotto cui avrebbero dovuto essere collocati i sarcofagi delle personalità più illustri della corte (solo nel fianco destro questo progetto fu parzialmente realizzato).
Un Tempio con un’atmosfera raffinata
Tutt’altra storia si respira all’interno, che con la sua atmosfera raffinata e di corte sembra accoglierci in una lussuosa dimora nobiliare. Entrando, sulla destra, è posta la tomba di Sigismondo Pandolfo Malatesta, legato così tanto alla sua città che, quando il papa Paolo II, nel 1467, gli chiese di considerare l’ipotesi di cedere Rimini alla Chiesa in cambio di alcuni benefici, fece presente che mai avrebbe ceduto “quella povera città che m’è rimasta, dove sono la maggior parte delle ossa delli miei antiqui”.
I piani della decorazione, tutta affidata alla scultura (come voleva Leon Battista Alberti) condotta dal fiorentino Agostino di Duccio e da maestranze da lui dirette, sono opera degli umanisti di corte e lasciano trasparire una grande quantità di citazioni letterarie e filosofiche classiche.
Celeberrimo l’affresco di Piero della Francesca (1412 – 1492), che ritrae il signore di Rimini in preghiera di fronte a san Sigismondo.
Sigismondo Pandolfo Malatesta
Il santo, personaggio storicamente esistito (fu re dei Burgundi tra il 516 e il 523), è raffigurato come un uomo vecchio e barbuto, che regge con una mano uno scettro e con l’altra il globo. Di fronte, san Sigismondo appare rappresentato con il profilo dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, che nel 1433 aveva concesso il titolo di cavaliere al sedicenne Malatesta.
La scena così descritta è una legittimazione imperiale al suo potere ed alla sua famiglia.
La presenza di Piero a Rimini non segnò la strada della cultura artistica malatestiana. Ebbe, senza dubbio però, un certo significato per l’evoluzione della sua esperienza artistica e di quella dell’Alberti.
I due si influenzarono l’uno con l’altro ed arricchirono vicendevolmente la propria idea di arte relativamente all’uomo, allo spazio e al tempo, dentro una ricerca mai interrotta tra antico e moderno.
Il Tempio Malatestina non fu mai completato e ciò rappresenta un documento della fragilità e dell’inconsistenza dei sogni di gloria del signore riminese.
“Architettore chiamerò io colui che saprà con certa e maravigliosa ragione, e regola, sì con la mente, e con lo animo divisare”
Leon Battista Alberti