La vita è una cascata, un torrente, un precipizio e io mi porto dentro quell’antica sensazione infantile di essere sempre fuori contesto, avvertendo addosso come una farfalla che svolazza nel mare il peso delle verità e delle bugie degli altri. Ho incessantemente cercato il contatto delle parole, degli incontri nudi e mirati alle inutili disquisizioni sui massimi sistemi. Discorsi liberi e pieni, senza risposte, da lasciar decantare negli anni mentre io mi nascondevo perché non mi piace apparire e vado ripetendo a chi mi considera un’anima accartocciata che non è vero.
Amo il mio piccolo spazio cresciuto a fare domande per sistemare con fatica i tasselli dell’esistenza. Com’è sgualcita la veste che copre il nostro tempo e alle volte do la colpa al mio male di vivere. Ogni tanto trovo pace nel venticello del piccolo paese, mentre mi perdo nelle sue ordinate chiese dall’atmosfera consolante del contado dei miei nonni, come quando ero bambina e andavo alla ricerca della natura nuova. Il riccio con due castagne, il livido glicine, il canto della capinera, l’odore forte di pioggia sulla terra e un soffione da disperdere col desiderio. Non ho mai smesso di farlo e nella bellezza del creato e dell’arte ritrovo quella fiera consapevolezza di credermi diversa.